Verifica sulle attrezzature di lavoro, Infortuni in Trentino - Pale eoliche e disturbi del sonno - Cellulari e malattie


 
 
Materiale pervenuto dal Dott. Mariano Innocenzi - INAIL

Cellulari e malattie   [Indice]


PERIODICO MULTIMEDIALE A CURA DELL'UFFICIO STAMPA INAIL - NUMERO 163 - NOTIZIE DAL 9 AL 15 NOVEMBRE
 
Cellulari e malattie professionali. INAIL: "Nessun rischio certo"
 
15 novembre 2012. Dopo la sentenza della Cassazione, l'Istituto puntualizza: "Sbagliato attribuire alla decisione della Corte Suprema valore di giudizio sulla cancerogenicità dei dispositivi. L'Oms non ritiene l'uso massiccio di questi apparecchi un probabile elemento di pericolo". Intervista all'avvocato generale, Luigi La Peccerella
 
ROMA - L'utilizzo massiccio dei cellulari non comporta un 'probabile' rischio cancerogeno e, di conseguenza, non può configurarsi come un elemento di certezza probante per il riconoscimento di una malattia professionale. L'INAIL fa chiarezza dopo la sentenza 17438 della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso col quale l'Istituto ha contestato il diritto alla rendita per malattia professionale (con invalidità dell'80%) attribuito dalla Corte di Appello di Brescia a favore del manager che, per dodici anni, per cinque-sei ore al giorno, aveva usato il telefonino.
 
"La Suprema Corte non si è pronunciata sul merito della questione - né avrebbe potuto, considerata la natura del giudizio di legittimità - ma si è limitata a ritenere insindacabile la motivazione della sentenza impugnata - spiega Luigi La Peccerella, avvocato generale dell'INAIL. La Corte di Cassazione non ha, infatti, espresso un giudizio sulla nocività dei cellulari, sicché la sua decisione non si traduce in un principio di carattere generale in ordine alla cancerogenicità delle onde elettromagnetiche. Questo significa che la Corte non ha inciso sulle evidenze scientifiche, che, allo stato, non consentono di ritenere le onde elettromagnetiche emanate dai dispositivi di telefonia mobile un 'probabile' elemento di rischio tumorale. Quella della Cassazione è una sentenza che ha deciso esclusivamente la fattispecie sottoposta al vaglio della Corte e, dunque, non contiene l'affermazione di un principio di carattere generale per quanto riguarda la cancerogenicità di queste apparecchiature".
 
Cosa intende come 'probabile' elemento di rischio?
"Mi riferisco al decreto ministeriale dell'11 dicembre 2009 - che dispone l'aggiornamento dell'elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi dell'articolo 139 del dpr n. 1124 del 30 giugno 1965 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ndr) - là dove si opera una distinzione tra le malattie la cui origine professionale è di limitata probabilità e quelle la cui origine professionale è solo possibile e dove le evidenze scientifiche sono ancora sporadiche e non precisabili".
In base a questa distinzione che cosa ha contestato l'INAIL nel suo ricorso?
"L'INAIL ha posto un problema di carattere squisitamente giuridico, sulla base di quel principio secondo il quale in materia di malattie multifattoriali - dove, per l'appunto, non vi è conferma scientifica - si può ricorrere solo a una ragionevole certezza giuridica, fondata sul criterio di 'probabilità qualificata'. Del resto è la stessa Cassazione a dirci che questo giudizio deve essere supportato da studi epidemiologici e da dati di letteratura che siano condivisi dalla comunità scientifica. Secondo l'INAIL - nel caso considerato - studi che classifichino le onde elettromagnetiche come 'probabile' elemento cancerogeno non esistono: un risultato che è stato confermato anche dai recenti studi condotti dello IARC e dalle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità".
 
Le valutazioni del gruppo svedese Hardell sostengono, invece, che chi fa un uso massiccio di telefonia mobile rischi maggiormente l'insorgenza di neoplasie e la Cassazione le ha ritenuti attendibili...
"In realtà i dati degli studi del gruppo Hardell non sono stati correttamente interpretati, poiché risulta che gli stessi autori si sono espressi solo in termini possibilistici, concludendo per l'assenza di correlazione certa tra uso del cellulare e rischio tumori ed affermando che "saranno sicuramente necessari ulteriori approfondimenti. Va sottolineato, peraltro, come questo stesso 'possibilismo' sia stato in generale criticato dalla comunità scientifica internazionale".
 
Quindi la sentenza della Cassazione non corrisponde a un'approvazione degli esiti dello studio Hardell?
"La Cassazione si è solo limitata a confermare quanto disposto dalla Corte d'Appello di Brescia, giudicando 'insindacabile' l'adesione del giudice di merito alle valutazioni del consulente tecnico d'ufficio sulla base dello studio Hardell e ritenendo tale adesione adeguatamente motivata dalla peculiare intensità e dalla durata dell'esposizione alle onde elettromagnetiche accertate in quel caso specifico".
 
Il rigetto del ricorso dell'INAIL, dunque, non significa una sua sconfessione?
"Nel ricorso l'Istituto si è limitato a chiedere qual è il presupposto, in questa materia, che ha valore di diritto per quanto riguarda il nesso di causalità per il riconoscimento della malattia professionale. Basta una preferenza espressa dal consulente tecnico d'ufficio a un singolo studio o, invece, è necessaria l'oggettiva esistenza di una convergenza più vasta, articolata e condivisa dal corpus scientifico che classifichi come 'probabile' - e non solo come semplicemente 'possibile' - la cancerogenicità delle onde elettromagnetiche? L'INAIL, in sintesi, non ha contestato  l'adesione data dal giudice di merito al ctu, ma la conclusione che questi ne ha tratto e che, a nostro parere, è in contrasto col principio di diritto affermato dalla Cassazione. Che il giudice abbia ritenuto affidabile quell'unico studio è secondario, perché l'Istituto non ha posto un problema di motivazione, ma di errore di diritto. Manca, a nostro parere, quel requisito basilare indicato dalla Corte stessa: cioè, l'esistenza di studi scientifici ed epidemiologici condivisi".
 
Secondo la Suprema Corte quella del giudice di merito è stata un'adesione motivata...
"La sentenza della Cassazione è di natura eminentemente processuale ed è in relazione alla singolarità di questo specifico caso. Badiamo bene: la Suprema Corte non ha affermato che i cellulari sono cancerogeni ma, più semplicemente, ha detto che il giudice di merito ha accertato - in fatto - che l'utilizzo dei cellulari ha avuto un ruolo 'concausale' nell'insorgenza della patologia e che tale accertamento non è sindacabile in Cassazione. Da qui il rigetto del ricorso: un rigetto, l'INAIL lo ribadisce, di natura solo processuale. Pertanto è erroneo interpretare la sentenza come un indiretto riconoscimento della cancerogenicità dei telefonini".
 
Questa sentenza influenzerà l'INAIL nella valutazione di un 'probabile' rischio lavorativo legato all'uso massiccio dei cellulari?
"La sentenza della Cassazione per l'INAIL non ha in alcun modo scalfito il principio di diritto applicabile in materia di nesso di causalità e il cellulare continuerà a essere considerato come un 'possibile' elemento cancerogeno. Si tratta di una distinzione sostanziale e che trova sostegno nelle già citate norme di legge. Nel ricorso l'Istituto, inoltre, sottolineava l'imminenza dei risultati dello studio epidemiologico internazionale 'Interphone' coordinato dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro dell'Oms e finanziato dall'Unione europea. Oggi gli esiti di questo studio sono noti e l'Oms ribadisce come 'possibile' la cancerogenicità della telefonia mobile, raccomandando - a livello preventivo - delle sole misure di cautela. Riguardo la 'probabilità' del rischio cancerogeno non c'è, quindi, nessuna classificazione ufficiale".
 
Lei, fino a ora, non è entrato mai nel merito del caso specifico, sul quale invece la Cassazione si è espressa.
"Come detto, il ricorso dell'INAIL è di carattere prettamente giuridico. Personalmente, tuttavia, non condivido la scelta della Suprema Corte là dove - nel caso in questione - si tiene conto 'dell'intensità e durata' dell'esposizione alle onde elettromagnetiche. Se un dato elemento, infatti, non è riconosciuto come cancerogeno, l'esposizione allo stesso, per quanto prolungata, non può assurgere a fattore causale di una patologia tumorale. L'elemento temporale non rileva se manca la rischiosità dell'esposizione".
 
Che significa?
"Faccio un esempio. Tra le patologie tabellate figurano quelle causate dal cromo e l'Istituto riconosce, infatti, il rischio delle lavorazioni che espongono a questa sostanza. Ma, naturalmente, occorre contestualizzare e fare le opportune distinzioni. Un albergo che utilizza delle chiavi cromate espone al rischio del cromo il personale che ne fa uso? La cromatura comune non ha alcuna nocività: semmai, è il cromo esavalente, presente in diversi composti di origine industriale, che può avere effetti nocivi. Nel caso delle onde elettromagnetiche si fa riferimento, come detto, a una 'possibile', e non 'probabile' nocività, e questo principio - a  livello giuridico - vale anche per l'esposizione temporale".
 
La natura di questa sentenza della Corte di Cassazione è assimilabile, a suo parere, a quella relativa agli infortuni in itinere in bicicletta che, invece, aveva dato 'ragione' all'INAIL?
"La natura non è dissimile, in effetti. La Suprema Corte non ha detto che non si può indennizzare l'infortunio in itinere nell'eventualità di un lavoratore che utilizzi la bicicletta. Piuttosto ha affermato che - in quel caso specifico - non poteva essere sindacato l'accertamento fatto dal giudice del merito, che aveva ritenuto non 'necessitato' l'uso della bicicletta da parte del lavoratore e, di conseguenza, non indennizzabile l'infortunio che ne era conseguito. Anche lì si è trattato di un'espressione di natura solo processuale, e non di un'affermazione di principio sulla materia generale degli infortuni in itinere".(Luca Saitta)
 
 
 

Pale eoliche e disturbi del sonno   [Indice]

Le pale eoliche danneggiano il sonno
Indagine nel Maine: chi vive vicino alle pale ha una peggiore qualità del sonno e soffre di disturbi collegati allo stress
studio anglo-statunitense
Le pale eoliche danneggiano il sonno
Indagine nel Maine: chi vive vicino alle pale ha una peggiore qualità del sonno e soffre di disturbi collegati allo stress

MILANO - Si dorme meno e soprattutto si dorme peggio. Inoltre si soffre d’ansia e talvolta persino di depressione. Questa, secondo l’ultima ricerca (promossa dal Northern Maine Medical Centre, dall’Intelligent Health Solutions canadese e dalla University Hospitals of Leicester britannica) è la qualità di vita di chi vive all’ombra dell’energia eolica. Le turbine, pur decantate e non inquinanti, vanno bene a casa altrui insomma, secondo i ricercatori anglo-americani Michael Nissenbaum, Jeffery Aramini e Chris Hanning che hanno promosso lo studio pubblicato sul giornale Noise and Health.
 
I DUE GRUPPI DEL MAINE - Il team di ricerca ha paragonato due gruppi di persone residenti nel Maine, demograficamente e socialmente simili: l’uno abita entro il raggio di un miglio dalle turbine eoliche e l’altro vive invece a debita distanza. È emersa, all’interno del primo gruppo, una peggiore qualità di sonno e vari disturbi legati all’ansia, da addebitarsi secondo gli studiosi senza ombra di dubbio all’energia del vento e all’inquinamento acustico che ne deriva. Proprio qui nel Maine infatti ci fu un paio d’anni fa una delle prime mobilitazioni ambientaliste e la successiva richiesta alla magistratura da parte di 38 famiglie di rimozione di cento turbine. E del resto le cifre dell’energia eolica americana sono ben diverse da quelle del Vecchio Continente: nel Maine le pale eoliche sono moltissime (il più famoso parco eolico si chiama Kibby Mountain) e solo l’anno scorso hanno prodotto il 4,5 per cento dell’energia totale di questo stato.
NON NEL MIO CORTILE – È la sindrome di NIMBY, acronimo inglese che sta per Not In My Back Yard (non nel mio cortile), che ben identifica l’atteggiamento di chi riconosce possibile ( o persino necessaria) una determinata opera, ma non la vuole nel proprio territorio. Stando ai dati di questo recente studio infatti le pale in condizioni di vento forte disturbano non poco il riposo e causano una serie di disturbi indotti da non sottovalutare. I ricercatori hanno utilizzato per la misurazione del sonno due parametri, il Pittsburgh Sleep Quality Index, che misura la qualità del sonno durante la notte, e la Epworth Sleepiness Scale, che misura gli effetti terapeutici del precedente riposo una volta svegli. I punteggi riportati rispettivamente nelle due scale, la PSQI e la ESS, sono risultati inequivocabilmente a favore del secondo gruppo, quelli che stano lontani dalle turbine, che dormono di più e sono più riposati e sereni. Pare inoltre che come conseguenza di un ritmo circadiano disturbato i cittadini del Maine che vivono vicino alle turbine siano anche maggiormente soggetti a disturbi di varia natura collegati allo stress. Tra i residenti vicino alle pale circa una persona su quattro ha dichiarato di soffrire di depressione e ansia e nessuno del secondo gruppo ha denunciato gli stessi disturbi. Tra i vicini dell’eolico inoltre ancora una persona su quattro ha dichiarato di aiutarsi con le pillole per riposare, contro una persona su dieci dei membri del secondo gruppo.
I DIFENSORI DELL’EOLICO – La questione è dibattuta da tempo e i difensori dell’eolico sostengono che in condizioni normali di vento l’emissione sonora della turbina a 100 metri di distanza non supera i 50 decibel (il rumore di una normale conversazione). Esistono per giunta e ovviamente linee guida nazionali per l’installazione di turbine eoliche e prima della realizzazione di un impianto sono previsti accurati rilevamenti fonometrici. Ma la questione è aperta e come fa notare Lee Moroney, direttore della pianificazione della Fondazione di energia rinnovabile, «i limiti di inquinamento acustico in Gran Bretagna sono stati elaborati circa 16 anni fa e andrebbero chiaramente aggiornati». È probabile che in futuro, soprattutto in alcune zone, verranno rimessi in discussione i parametri di costruzione e di distanza dalle abitazioni degli impianti eolici. La gente che ha le pale "nel proprio cortile" però continua a lamentarsi e questa ricerca fortifica indubbiamente le posizioni contro l’eolico.


Infortuni in Trentino   [Indice]

Infortuni sul lavoro, i dati INAIL 2011 Trentino Alto Adige
Scritto il 2 novembre 2012 da Daria De Nesi
 
BOLZANO – Pubblicato il Rapporto Annuale INAIL per il Trentino Alto Adige. Nella Regione alto atesina per l’anno 2011 si registra una modesta diminuzione del fenomeno infortunistico. Il dato va messo in relazione con l’andamento occupazionale che è rimasto stabile. Un calo più significativo si registra per gli infortuni mortali.
Nel dettaglio al 31 marzo 2012 sono 17.522 le denunce pervenute riferite all’annualità 2011: 354 casi meno dell’anno precedente (-2%). Molto netta la diminuzione degli incidenti mortali che passano da 25 nel 2010 a 17 nel 2011, il 40% in meno.
Il rapporto si sviluppa poi con analisi dettagliate che riguardano le modalità degli infortuni e l’incidenza del fenomeno a livello territoriale, sui diversi comparti produttivi e per particolari categorie di lavoratori

In Trentino Alto Adige la diminuzione più significativa si registra per gli infortuni su strada in occasione di lavoro, che nel 2011 sono il 4,6% in meno; a seguire diminuiscono di 2,5 punti percentuale gli infortuni in itinere e dell’1,9% gli infortuni avvenuti all’interno del luogo di lavoro (il 96% di tutti gli infortuni).

La forte diminuzione che si registra negli infortuni mortali è da imputare al netto calo degli incidenti sul luogo di lavoro, 10 meno dell’anno scorso, quota che rappresenta il -41,7%. Aumentati di contro gli infortuni mortali in itinere che da 1 passano a 3 (+200%).
comparti produttivi più colpiti dal fenomeno infortunistico sono, nell’ordine, i servizi  con 5522 casi (31,5% del totale), l’industria con 4041 casi (23,1%), l’agricoltura con 2546 casi (14,5%) e i dipendenti dello Stato con 147 infortuni (0,8%). Mettendo a confronto l’evoluzione del fenomeno nelle ultime due annualità, mentre come dato generale il fenomeno infortunistico è calato,  nell’agricoltura si è registrato un aumento del 3,1%.
Nel comparto dell’industria si registra un notevole calo degli infortuni nel manifatturiero (-7,1%) e nelle costruzioni (-8,4%). Anche nel settore dei servizi si può notare una riduzione molto significativa degli infortuni nel settore del commercio (-2,1%)..
Il netto calo per gli infortuni mortali è così distribuito: 50% dei casi in meno, da 14 a 7, nell’agricoltura, 1 caso in meno nell’industria (14,7%) e nessuna variazione nel comparto dei servizi dove gli infortuni mortali sia nel 2010 che nel 2011 sono stati 4.

Per quanto riguarda le tecnopatie i casi denunciati quest’anno, 236, sono di poche unità minori di quelli denunciati l’anno scorso (243). I casi sono riferiti per la gran parte al comparto industria e servizi. Patologie più frequenti sono quelle osteo-articolari e muscolotendinee, che insieme alle ipoacusie da rumore rappresentano oltre due terzi delle malattie denunciate.
Infine un capitolo a parte è dedicato ai lavoratori stranieri la cui presenza in Trentino Alto Adige è consolidata e consistente: i lavoratori stranieri rappresentano il 14,6% della forza lavoro altoatesina. Per questa categoria di lavoratori la flessione del fenomeno infortunistico è leggermente più marcata (2,4%). Principali nazionalità di origine dei lavoratori stranieri  sono Albania, Romania, ex Jugoslavia (33%), Marocco, Tunisia e Algeria (26%) e paesi dell’est europeo (17%). Il 15% proviene dall’area germanofona: Germania, Austria e Svizzera.


Verifica sulle attrezzature di lavoro   [Indice]

Scritto il 2 novembre 2012 da Enzo Gonano


Come cambia l'articolo 71 relativo alla verifica periodica delle attrezzature.
“Il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro (quelle dell’all. VII, ndr), a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza”. Così il nuovo art 71 del TU voluto dal Ddl Semplificazioni.
Ma con quale frequenza devono avvenire le verifiche? Con la frequenza indicata nell’allegato VII e però “la prima di tali verifiche è effettuata dall’INAIL che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi - delle ASL o- dell’ARPA, o - di soggetti pubblici o privati abilitati”.
“ Le successive verifiche sono effettuate  dalle ASL o dall’ARPA, che vi provvedono nel termine di trenta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati.
L’INAIL, le ASL o l’ARPA hanno l’obbligo di comunicare al datore di lavoro, entro 15 giorni dalla richiesta, l’eventuale impossibilità ad effettuare le verifiche di propria competenza, fornendo adeguata motivazione. In tal caso il datore di lavoro può avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati alle verifiche”.
Per effetto della nuova norma proposta dal CDM, viene così consentito di far ricorso a soggetti privati abilitati per le verifiche delle attrezzature di lavoro in tutte le fasi di verifica e non solo a fine percorso, come accade ora.
“ Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro”.
A conclusione della serie di interventi sul Ddl del Consiglio dei Ministri approvato nella seduta del 16 ottobre, con “ le nuove misure sulla semplificazione a favore dei cittadini e delle imprese”, ricordo che le stesse diventeranno operative  solo dopo che si saranno acquisiti il  parere della Conferenza Stato-Regioni e quello dei Sindacati.