Un Paese per vecchie - P&R online 26-11-2011


 La vita media si allunga per tutti, ma sono soprattutto le donne a resistere all'incalzare del tempo. All'inizio del 2010 su 12 milioni di ultrasessantacinquenni, ossia un quinto della popolazione complessiva, le donne risultavano il 58%, gli uomini il 42%. Ma questa condizione di vantaggio ha anche il rovescio della medaglia: la maggior parte delle donne trascorre gli ultimi anni di vita senza compagno e, spesso, in uno stato di disabilità. "Metà delle donne di 75 e più anni vive da sola, mentre solo il 16% dei coetanei maschi è nelle stesse condizioni", spiega Giuseppe Gesano dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr. "La maggiore sopravvivenza femminile fa sì che, in maggioranza, gli uomini rimangano fino alla loro morte assieme alla propria compagna: 7 maschi ultrasettantacinquenni su 10 sono in coppia, contro il 30% delle coetanee". Ma da dove arriva storicamente questa prevalenza femminile nella popolazione anziana? A dirlo sono i dati Istat sull'evoluzione demografica in Italia dall'Unità a oggi. "La situazione, alla fine del XIX secolo, era simile per entrambi i sessi, considerando che la vita media si aggirava allora intorno ai 35 anni", commenta Adele Menniti dell'Irpps-Cnr. "A 65 anni arrivava appena il 27% dei maschi e il 28% delle femmine, con un'analoga attesa di vita ulteriore, 10 anni per entrambi. La situazione progressivamente migliora così che intorno al 1980 riesce a compiere il sessantacinquesimo compleanno l'86% delle donne, mentre la quota dei maschi si arresta al 73%. A sessantacinque anni, le donne potevano aspettarsi di vivere ancora 17 anni, mentre i loro coetanei 13,4 anni soltanto. Gli ultimi dati (tavola di mortalità del 2008) assicurano il compimento del sessantacinquesimo compleanno al 93% delle donne con una previsione di vita ulteriore intorno ai 21,5 anni, e all'87% degli uomini con una speranza di vita (17,9 anni)". La base della sempre maggiore sopravvivenza femminile sta nella diminuzione delle morti da parto e nel miglioramento delle condizioni di vita generali. Ora la forbice tra la sopravvivenza maschile e quella femminile si sta richiudendo, ma l'effetto di queste dinamiche demografiche perdura. "Vanno emergendo due tendenze con cui la nostra società è chiamata confrontarsi", continua Gesano, "sono donne quasi due terzi dei ‘grandi vecchi', gli ultraottantenni, che sono quasi 3,5 milioni, quando erano meno di centomila nel 1861 e superavano di poco il mezzo milione nel 1951. Si diffonde inoltre una situazione abitativa che vede molti anziani, soprattutto anziane, vivere da soli". Le soluzioni sono diverse, dalle badanti assunte ‘in nero', ai voucher per servizi privati, dall'assistenza pubblica domiciliare fino al ricovero in strutture protette. "Affidandosi ai ‘legami forti' e alla maggiore autonomia organizzativa delle donne anziane rispetto alle incombenze della vita quotidiana", concludono i due ricercatori, "l'Italia non sembra aver affrontato ancora i problemi dell'invecchiamento con la dovuta razionalità, proponendo quelle soluzioni innovative che altri paesi hanno da tempo messo in campo.

S.F.

Fonte: Giuseppe Gesano , Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Roma, tel. 06/492724225, email giuseppe.gesano@irpps.cnr.it

Fonte: Adele Menniti , Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Roma, email adele.menniti@irpps.cnr.it