Articoli Chirurgia - P&R Scientific
Volume 4, Numero 2
30.06.2014
TRATTAMENTO MINI INVASIVO DELLA FISTOLA RETTO-VAGINALE
 
 
D’Ambrosio G, Paganini AM, Guerrieri M, Lezoche G, Balla A, Quaresima S, Scoglio D, Antonica M, Intini G, Mattei F, Lezoche E

Autori   [Indice]

D’Ambrosio G1, Paganini AM1, Guerrieri M2, Lezoche G2, Balla A1, Quaresima S1, Scoglio D1, Antonica M1, Intini G1, Mattei F1, Lezoche E1

1Dipartimento di Chirurgia “Paride Stefanini”, Unità di Chirurgia Endolaparoscopica e Tecnologia Avanzata, (Direttore Prof. E. Lezoche), Policlinico “Umberto I”, Roma
2Clinica di Chirurgia Generale e Metodologia Chirurgica, Università Politecnica delle Marche, Ancona

Abstract   [Indice]

Introduzione: Le fistole retto-vaginali (RVF) sono una patologia rara di interesse chirurgico. Questo studio descrive un nuovo approccio al trattamento delle fistole retto-vaginali mediante la microchirurgia endoscopica transanale (TEM). 
 
Metodi: E’ stato condotto uno studio retrospettivo di 13 pazienti (età media, 44 anni range 25-70 anni) sottoposti a riparazione di fistola retto-vaginale con TEM tra il 2001 e il 2008. La tecnica chirurgica è stata ampiamente descritta, ed i vantaggi dell’approccio endorettale sono noti.
 
Risultati: Il tempo operatorio medio è stato di 130 minuti (range 90-150 minuti), e la degenza in ospedale è stata di 5 giorni (range, 3-8 giorni). Una sola paziente ha presentato recidiva di malattia. Questa paziente è statasottoposta ad un secondo intervento di TEM e ha presentato nuovamente una recidiva. Due pazienti hanno avuto complicanze minori (ematoma del setto e ascesso del setto) che sono state trattate con terapia medica. In due pazienti, si è registrata una modesta ipotonia dello sfintere. 
 
Discussione: Presentiamo una nuova tecnica per il trattamento delle fistole retto vaginali con TEM. Gli autori raccomandano caldamente questo approccio che evita qualsiasi incisione della zona perineale, che può  risultare estremamente dolorosa e può danneggiare la funzione sfinteriale.
 

Parole chiave: fistola retto-vaginale, TEM, trattamento chirurgico


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Introduzione   [Indice]

Le fistole retto-vaginali rappresentano una patologia chirurgica estremamente dolorosa ed invalidante a livello fisico, psicologico e sociale per le donne che ne sono affette. L’imbarazzo e l’isolamento per la propria condizione sono comunemente sperimentati da queste donne. La causa più comune è una lesione ostetrica. Altre cause frequenti sono le malattie criptoghiandolari, le malattie infiammatorie intestinali, la radioterapia pelvica, e la chirurgia del colon-retto correlata a una guarigione parziale di un’anastomosi colorettale o un precedente ascesso. La guarigione spontanea è estremamente rara. Tale guarigione si verifica raramente anche dopo confezionamento di una stomia derivativa.
Il trattamento delle fistole retto-vaginali è considerato estremamente complesso e sono state proposte varie tecniche. La riparazione primaria della fistola ha un tasso di successo del 70-97%, tuttavia a seguito di uno o più tentativi di riparazione il tasso di successo scende al 40-85% (1-3). Per la riparazione sono state utilizzate varie tecniche, chirurgiche e non, nonostante non sia stata ancora determinata la procedura “gold standard”. Gli approcci chirurgici riportati per il trattamento delle fistole retto-vaginali sono transanale, transvaginale, perineale, transaddominale, e tecniche laparoscopiche (4-6). La procedura più comunemente utilizzata è la riparazione della mucosa rettale con lembo di scorrimento con percentuali di successo che vanno dal 60-80%. Gli approcci non chirurgici sono la fistolografia e l’applicazione di colla di fibrina.
Questo studio mira a descrivere un nuovo approccio che gli autori hanno sviluppato, che impiega la Transanal Endoscopic Microsurgery (TEM) per rimuovere la fistola e il tessuto cicatriziale circostante. 

Materiali e metodi   [Indice]

Dal febbraio 2001 al dicembre 2008, sono state trattate 13 pazienti (età media, 44 anni, range 25-70) con fistola retto-vaginale. In 9 casi, le fistole retto-vaginali erano già state trattate altrove con una sutura transperineale diretta delle pareti rettali e vaginali e 4 pazienti erano state sottoposte a due o tre precedenti tentativi di riparazione chirurgica con approccio transaddominale o transperineale, o entrambi, e la sutura diretta. Tutte le pazienti erano portatrici di stomia derivativa quando sono giunte alla nostra osservazione. Le fistole si sono verificate come conseguenza di un intervento di isterectomia transvaginale (N=7),  di resezione anteriore bassa con suturatrice meccanica (n=5) e postradioterapia (n=1).
Criteri di inclusione utilizzati comprendono: intervallo di età compreso tra i 20 e i 70 anni; pazienti al primo trattamento o già sottoposte a terapia chirurgia transanale, transvaginale o transaddominale. Gli autori non hanno riscontrato possibili criteri di esclusione: l’approccio mediante TEM permette ottimi risultati anche nelle pazienti con precedenti trattamenti chirurgici.
L'algoritmo preoperatorio per tutti i pazienti includeva la colonscopia, il clisma a raggi X, l’ecografia transrettale, la manometria anorettale e la tomografia computerizzata (TC), o la risonanza magnetica nucleare (RMN). La preparazione preoperatoria consisteva in una irrigazione meccanica standard dell’intestino, una profilassi antibiotica e trombotica. La distanza media delle fistole retto-vaginali dal margine anale era di 7 cm (range 4-10 cm). 
L'uso della TEM segue gli stessi principi della chirurgia tradizionale, con i  noti vantaggi relativi alla magnificazione della visione e dell’illuminazione. La paziente viene posta in posizione prona sul tavolo operatorio. L'intervento segue quattro fasi: 
Fase 1. Viene introdotto il rettoscopio di Buess, viene chiaramente identificata la fistola introducendo un tubo di Nelaton attraverso la vagina o mediante l’iniezione del blu di metilene. La vagina viene poi tamponata con delle garze per evitare o ridurre la dispersione di anidride carbonica (CO2) (Figura. 1).
 
  
Fig. 1 - Identificazione della fistola


Fase 2. Sotto visione tridimensionale diretta della TEM, il tessuto sclerotico della fistola viene ampiamente asportato. Il margine della linea di escissione dovrebbe essere su tessuto sano. Un approccio conservativo rischia di non includere  tutto il tessuto cicatriziale e può portare a risultati non soddisfacenti. La dissezione del setto retto-vaginale  lateralmente e in senso aborale della fistola può essere facilmente eseguita con la strumentazione TEM. Quando la dissezione del setto è completata, la strumentazione TEM viene temporaneamente rimossa. 
Fase 3. Dopo aver introdotto il dito nella zona di dissezione del setto, il chirurgo completa alla cieca la dissezione della parte aborale del setto finché non raggiunge le fibre dello sfintere (la parte orale del setto è stata precedentemente preparata con TEM). Questa parte dell'operazione non può essere effettuata utilizzando la strumentazione TEM per ragioni tecniche. Una volta identificato il piano corretto la dissezione di questa parte del setto è facile e non ha alcun rischio di sanguinamento (Figura. 2). 
 

Fig. 2 - Dissezione del setto


Fase 4. Il rettoscopio di Buess viene introdotto di nuovo, il bordo della vagina viene suturato con tre o quattro punti per ottenere una sutura longitudinale. L’estremità dei punti di sutura viene lasciata all’interno del canale vaginale per essere legata alla fine dell'intervento. L'emostasi viene accuratamente revisionata, e si esegue  una linea di sutura trasversale sulla parete rettale. La paziente viene quindi posta in posizione supina, viene poi introdotto il divaricatore vaginale e la vagina viene suturata con margini introflessi (Figura. 3).
 
 
 
Fig. 3 - Sutura del retto e della vagina

Risultati   [Indice]

Tutte le pazienti sono state sottoposte a confezionamento di una stomia derivativa. Tutte erano in grado di deambulare il primo giorno postoperatorio. L'alimentazione orale è stata iniziata in seconda giornata postoperatoria. Il tempo operatorio medio è stato di 130 minuti (range, 90-150 min), e la degenza media è stata di 5 giorni (range, 3-8 giorni). La terapia antalgica si è resa necessaria solo nel primo giorno postoperatorio. Le pazienti sono state in grado di riprendere l’attività lavorativa dal decimo giorno post-operatorio.
La valutazione radiologica effettuata in decima giornata post-operatoria non ha evidenziato tramiti fistolosi. In due casi, il decorso perioperatorio è stato complicato da un ematoma e da un ascesso del setto trattati con terapia antibiotica. In due casi, si è osservato soiling notturno, e in una paziente la manometria anorettale ha mostrato una modesta ipotonia sfinteriale. Questa sequela funzionale è stata risolta in 3 mesi mediante ginnastica sfinteriale.
La mediana di follow-up è stata di 25 mesi, con una sola recidiva (7%), che si è verificata entro 30 giorni dalla procedura. La paziente era stata sottoposta a  precedente resezione del retto per un carcinoma T3N1 basso dopo terapia neoadiuvante. La fistola retto-vaginale recidivante è stata trattata nuovamente con TEM, e si è osservata una seconda recidiva dopo 40 giorni. La paziente è attualmente ancora portatrice di stomia, avendo rifiutato ulteriori trattamenti chirurgici. 

Discussione   [Indice]

Le fistole retto vaginali costituiscono meno del 5% delle fistole anorettali (7). Lesioni da parto è la causa più comune, verificandosi fino al 70-88% dei casi (2, 3, 6, 8). Altre cause includono resezione rettali anteriori (0.9-2.9%) (2, 3, 4), la chirurgia vaginale, le infezioni perianali o delle ghiandole del Bartolini, proctiti attiniche e le patologie infiammatorie intestinali (7). La fistola si può verificare anche come complicanza di una leucemia o di altre neoplasie maligne.
Molte tecniche sono state sviluppate e sperimentate nel tentativo di trattare le fistole retto vaginali. Nei primi anni 80 l’Endorectal Advancement Flap (EAF) era indicato come “gold standard” per le pazienti con fistole retto vaginali basse mostrando inizialmente risultati molto promettenti con tassi di guarigione compresi tra il 78 e il 95%. Più recentemente è stato riportato un tasso di guarigione significativamente più basso, soprattutto per donne che avevano subito precedenti interventi di riparazione della fistola (9). In uno studio retrospettivo della Cleveland Foundation delle 105 pazienti, che avevano subito “EAF”, 37 presentavano fistole retto-vaginali e 21 di queste (56.8%) presentavano una recidiva. Il tasso primario di guarigione risultava quindi del 43.2%. Gli autori concludevano sostenendo che “sebbene l’EAF continui ad essere impiegato con successo nel trattamento delle fistole retto vaginali il nostro tasso di successi non risulta ottimistico come quello di altri studi pubblicati e non ha mostrato un significativo miglioramento negli ultimi 5 anni” (10).
Nei primi anni 90, si è suggerito che l’interposizione di tessuto sano e ben vascolarizzato potesse essere la chiave per la guarigione delle fistole retto vaginali. Sono state descritte multiple strategie chirurgiche per il trasferimento di tessuto sano e non irradiato. Questi metodi includono l’uso di lembi di cute, lembi di muscolo, lembi muscolo cutanei, lembi intestinali e il lembo Martius che include tessuto sottocutaneo e muscoli vulvari trasposti da una delle piccole labbra (11–24).
E’ stato riportato l’effetto benefico dell’interposizione della fionda puborettale con un alto tasso di successo compreso tra 92 ed 100 %. Nel 2006 Oom et al (9), riportano un tasso di guarigione del 62% (16 pazienti) in una serie di 26 pazienti consecutive. Per le pazienti che avevano subito uno o più precedenti interventi di riparazione della fistola, il tasso di guarigione era solo del 31% in paragone con il 92% delle pazienti non sottoposte a pregressa chirurgia.
Wexner et al (25, 26) nel 2008 sperimentarono la tecnica della gracilo-plastica nell’effettuare la riparazione delle fistole retto vaginali in un gruppo di 15 pazienti. Tale tecnica riportava un tasso di successi del 75% (range tra 60 e 100%), determinato da fattori prognostici negativi quali la malattia infiammatoria intestinale e l’irradiazione.
Sono state utilizzate diverse altre tecniche per il trattamento delle fistole retto vaginali inclusa l’instillazione di colla di fibrina, lembo di avanzamento di mucosa ileale con pouch o avanzamento di pouch circonferenziale, e una proctectomia con anastomosi colo-coloanale.
Buess ha sviluppato la TEM  nel 1983. In realtà questa tecnica è solitamente impiegata per il trattamento di adenomi e cancri del retto T1 e T2.
In letteratura non è riportato alcuno studio sulla riparazione delle fistole retto vaginale con la TEM: sono stati pubblicati solo tre case reports da Vàvra (27, 28), Darwood e Borley (29).
Il principale vantaggio offerto dalla TEM come alternativa alla tecnica che impiega il confezionamento di un lembo è l’uso di un approccio endoluminale che elimina la necessità di una incisione perineale, che risulta obbligata nelle altre tecniche più invasive. Inoltre la magnificazione e la visione tridimensionale consentono un’identificazione precisa delle pareti vaginale e rettale tramite la rimozione del tessuto sclerotico. Di conseguenza la sutura può essere eseguita su tessuto sano che garantisce il controllo totale dell’emostasi tramite magnificazione della visione diretta. Inoltre è necessario che ognuna di queste suture sia effettuata su piani differenti longitudinale e trasverso.
Spesso la fistola retto vaginale è associata alla stenosi del lume, soprattutto dopo chirurgia o radioterapia. Questo può rappresentare un’oggettiva difficoltà tecnica nell’esecuzione della TEM. Nella serie presentata in questo studio in nessuna delle pazienti, la fistola retto vaginale era associata alla stenosi del lume.
Il principale inconveniente di questa tecnica è che l’introduzione del rettoscopio non consente una dissezione distale del retto, che deve essere eseguita manualmente, alla cieca prima dell’identificazione del piano avascolare.
L’osservazione dei criteri tecnici riportati assicura un tasso di recupero/ guarigione alto (93%), maggiore di quello riportato da altre tecniche. Il tasso di complicanze è stato del 15%. Sono state riportate solo le complicanze minori, prontamente risolte con antibioticoterapia.
In due casi è stato osservato soiling notturno da imputare al trauma sfinteriale causato dalla TEM e che è stato correlato all’età delle pazienti e alla funzione sfinterica preoperatoria. Tale sequela è stata risolta entro tre mesi grazie alla rieducazione sfinteriale. Solo in un caso abbiamo osservato una recidiva, la paziente sottoposta a secondo trattamento TEM ha sviluppato una seconda recidiva. La paziente presentava un carcinoma rettale ed è stata inviata a radiochemioterapia. Tale fallimento è da imputare principalmente ad un processo sclerotico dei tessuti (retto e vagina) che non beneficiano di una rivascolarizzazione adeguata. Per ottenere risultati positivi, sembra fondamentale una lunga curva di apprendimento per la TEM che includa una vasta esperienza nell’escissione locale di polipi. È mandatorio quindi che un simile trattamento venga effettuato in centri altamente specializzati.
Questa procedura permette il trattamento della fistola retto-vaginale in un unico tempo, permettendo, quindi, una più veloce guarigione; permette tempi di ospedalizzazione brevi e ridotte sequele postoperatorie; non richiede un monitoraggio importante da parte del medico curante durante la convalescenza.
In questo studio viene presentata una nuova tecnica per il trattamento delle fistole retto-vaginali con la TEM. I risultati riportati giustificano l’indicazione all’utilizzo di questa tecnica come “gold standard”, soprattutto perchè tale approccio evita ogni incisione dell’area perineale riducendo il dolore postoperatorio e perseverando le funzioni sfinteriali.

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Autore di riferimento   [Indice]

Andrea Balla
Dipartimento di Chirurgia “Paride Stefanini”, Unità di Chirurgia Endolaparoscopica e Tecnologia 


Galleria fotografica
Fig. 1 - Identificazione della fistola
Fig. 2 - Dissezione del setto
Fig. 3 - Sutura del retto e della vagina
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