Articoli Medicina Legale - P&R Scientific
Volume 10, Numero 3
28.07.2020
Sentenza n.152/2020 della Corte Costituzionale sull’assegno di pensione di inabilità...quanta confusione!
Adriano Ossicini già Sovrintendete Medico Generale Inail

Riassunto

L’autore esame la sentenza e segnala clamorosi errori interpretativi, sia sulla modalità  (pensione aumentata) sia sulla quantificazione , sia sul reddito di riferimento per ottenere detta maggiorazione, in quanto la Corte non ha stabilito un nuovo quid economico, dovuto per la pensione di inabilità, ma “semplicemente”  che detti soggetti, anche tra i 18 e 60 anni possono beneficare della maggiorazione di cui alle legge 448/2001.  Aggiunge, poi che la sentenza si è fatta carico – timore della Corte - di non far saltare gli equilibri economici, pur dichiarando che nel caso di specie vengono in gioco diritti incomprimibili della persona” di cui lo Stato si dovrebbe fare carico, optando per una scelta alternativa alla  principale. 

Con la sentenza n.152/2020 del 18 luglio 2020,[1] la consulta ha stabilito l'inadeguatezza dell'attuale assegno mensile previsto per gli invalidi civili al 100% pari a circa 286 €.
Appena uscito il comunicato della Corte Costituzionale, in data 24 giugno,[2] tutti si sono precipitati a commentarla senza doverosamente aspettare le motivazioni, sono state quindi effettuate considerazioni non sulle reali motivazioni poste alla base della suddetta decisione ma, limitandosi a  commentare quanto la Corte aveva fatto trapelare con comunicato ufficiale, anticipandone il contenuto pervenendo, nel commento,  a grossolani errori di prospettazione di metodo e di merito.
La Corte, come detto, con comunicato del 24 giugno 2020, dal titolo inequivocabile di “INVALIDI CIVILI TOTALI: LA LEGGE NON ASSICURA “I MEZZI NECESSARI PER VIVERE”, aveva anticipato le motivazioni offrendo alcune linee poste alla base della propria decisione e cioè che i :“..285,66 euro mensili, previsti dalla legge per le persone totalmente inabili al lavoro per effetto di gravi disabilità, non sono sufficienti a soddisfare i bisogni primari della vita. È perciò violato il diritto al mantenimento che la Costituzione (articolo 38) garantisce agli inabili.”, e poi  aggiungeva,  sempre nel comunicato ufficiale, che  “..il cosiddetto “incremento al milione” (pari a 516,46 euro) da tempo riconosciuto, per vari trattamenti pensionistici, dall’articolo 38 della legge n. 448 del 2001, debba essere assicurato agli invalidi civili totali, di cui parla l’articolo 12, primo comma, della legge 118 del 1971, senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età, attualmente previsto dalla legge……e  questo incremento dovrà d’ora in poi essere erogato a tutti gli invalidi civili totali che abbiano compiuto i 18 anni e che non godano, in particolare, di redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro.” sempre la Corte stabiliva che “..che la propria pronuncia non avrà effetto retroattivo e dovrà applicarsi soltanto per il futuro, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale.“ concludendo con “Resta ferma la possibilità per il legislatore di rimodulare la disciplina delle misure assistenziali vigenti, purché idonee a garantire agli invalidi civili totali l’effettività dei diritti loro riconosciuti dalla Costituzione.
Anche se non perfettamente “decifrabile” il comunicato, però, dava indicazioni sufficientemente chiare su quanto la stessa Corte aveva deciso, o almeno così sembrava.
In concreto che:
  1.  la somma di 286 € non è assolutamente in grado di soddisfare il diritto al mantenimento che la Costituzione  garantisce agli inabili;
  2. il cosiddetto “incremento al milione”, previsto anche per i totalmente inabili al compimento dei sessanta anni, debba essere esteso anche ai predetti soggetti infra sessanta anni e  dal diciottesimo anno di età;
  3. l’adeguamento poteva/doveva  decorrere dalla pubblicazione in G.U. della sentenza;
  4. resta ferma la competenza del legislatore per quantificare al meglio la cifra nel rispetto delle dettame costituzionale.
Dalla lettura delle motivazioni, uscite il 18 luglio,  ci si rende conto che i commentatori, tutti,  sui giornali cartacei o online, sui siti online di diversa provenienza, o dichiarazioni di esperti o politici hanno male interpretato  la sentenza.
Dapprima, quindi segnaleremo alcuni commenti errati, che perdurano ancora nel tempo, dall’altra ci permettiamo di far presente che la Corte Costituzionale, a nostro sommesso avviso  poteva fare anche meglio ma,  per timori economici, non ha fatto quella passo in avanti che, forse, poteva essere già fatto.
Dalla lettura dei commenti si legge in concreto, dopo l’uscita del Comunicato ma, alcuni ahimè, anche dopo le complete motivazioni, che la Corte avrebbe  stabilito che la  “pensione per gli invalidi toltali è raddoppiata” che avrebbe fissato, sua sponte  “..un nuovo limite di reddito rispetto a quello fissato per invalidi totali e più basso…”, entrambe affermazioni del tutto inesatte.
 
Dei numerosi commenti ne citiamo solo alcuni: quel del sito online “Pensione per tutti”[3] che afferma  testualmente Aumento pensioni di invalidità 2020: dal 1 agosto 514 euro, ma non per tutti..”, il sito online dello “Studio Cataldi[4] che afferma “Dopo la decisione della Consulta approvato l'emendamento al Decreto Rilancio che prevede l'aumento delle pensioni d'invalidità a 516 euro”, poi sul sito  Tred.Online[5], analoga affermazioni “Pensioni per invalidità civile raddoppiate”, ed ancora sul sito online “Affari Italiani”[6]   e sul sito Thewam.net[7] su Soldi e Lavoro “Pensioni di invalidità raddoppiate ora è legge”, su  “Qui finanza”[8] si legge che la “..sentenza, da molti definita “storica”, porterà ad aumentare l’importo mensile delle pensioni dall’attuale somma di 285,66 euro, ritenuta del tutto inadeguata, a 514,46 euro”, in rete se ne trovano a decine, ma ci permettiamo di aggiungere, perché emblematica, quella dell’A.N.M.I.C.,[9] Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili, associazione che peraltro a suo tempo aveva depositato – 2008 - delle firme per l’aumento, cui era seguita  ed aveva seguito una proposta alla Camera, poi naufragata, in cui si parla, ancora di 516 €, e non di 651 come poi invece dovrà essere!
Se  ne trovano a decine anche commenti che  “contestavano” la cifra comparsa sui limiti di reddito di 6.713,98 euro che traspariva dal comunicato  incomprensibile secondo i più, in quanto non aveva riferimento con i limiti di reddito prevista dall’art.12 della L.118/1971 che era quasi tre volte, oltre 16.000 €., qui si omette di riportare i numerosi siti che “tacciavano” la Corte di una scelta inappropriata, ma è facile fare una ricerca online per avere conferma di quanto sopra rappresentato.
La lettura delle motivazioni, esaustive, della Corte, fa strame di queste errate affermazioni.
La Corte ha detto chiaramente che la somma prevista dall’art.12 L.118/1971 s.m.i  “.è innegabilmente, e manifestamente, insufficiente ad assicurare agli interessati il “minimo vitale” ma, volutamente  non si esprime su quale sarebbe la somma idonea in quanto” ..non può, chiedersi a questa Corte anche una diretta e  autonoma  rideterminazione  del correlativo  importo, poiché un tale intervento manipolativo invaderebbe l’ambito della discrezionalità.…che compete al legislatore”, ma poi,  la Consulta, ha fatto riferimento a quanto previsto dalla legge 448/2001, art.38, comma 4 che dispone, per gli invalidi  totali   benefici incrementativi di cui al comma 1 (il cosiddetto vecchio milione di lire) sono concessi «ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni» anziché «ai soggetti di età superiore a diciotto anni», dichiarandone la incostituzionalità laddove  negano detto incremento a soggetti tra i 18 ed i 60 anni.
Aggiungendo, visto il rifermento preso,  che il limite di reddito, quindi, non poteva essere riferito, tout court all’assegno per la pensione di inabilità invalidi civili  -  per il 2020 è pari a 16.982,49 € -   ma al limite del reddito per il diritto alla maggiorazione prevista dalla L. 448/2001,  che è pari, oggi,  a 8.469,63, per i predetti soggetti tra i 18 ed i 6o anni, ma anche agli over settanta.
La Corte, quindi non ha fissato, come espressamente dichiarato, la nuova soglia della pensione di inabilità,  che resta fissato in 286 €, nel rispetto del reddito proprio sopra riportato, ma perviene, con una maggiorazione sulla pensione, alla nuova alla somma indicata di 651,51, non quindi come pensione di inabilità tout-court ma, come maggiorazione ex. art.38, comma 4 della Legge 448/2001, con ciò facendo, inevitabilmente il riferimento al limite di reddito per potere accedere a tale ulteriore prestazione da tale legge previsto,  più basso di quasi la metà; ma non è che la Corte si è “inventata” una nuova  soglia di reddito, come da taluni affermato, ma ha applicato il reddito previsto dalla normativa di riferimento, e non poteva fare diversamente.
Questo non lo diciamo noi ma, è scritto in maniera inequivocabile nella motivazione della sentenza al  punto 4.1.2 che qui riportiamo integralmente per fare chiarezza:
“Pertanto, alla stregua dei riferiti criteri di aggiornamento, l’importo della maggiorazione sociale per gli invalidi civili che godono della pensione di inabilità, per effetto del raggiungimento della soglia anagrafica di sessanta anni, è pari, per l’anno 2019, ad euro 649,45 e, per l’anno 2020, ad euro 651,51, per tredici mensilità; mentre i limiti reddituali che consentono di usufruire del beneficio sono rispettivamente: per l’anno 2019 euro 8.442,85 per il pensionato solo ed euro 14.396,72 per il pensionato coniugato e per l’anno 2020 euro 8.469,63 per il pensionato solo ed euro 14.447,42 per il pensionato coniugato.”
Si deve, peraltro aggiungere che come previsto dal punto c) dell’art.38 comma 5, che l’incremento è corrisposto in misura tale da non comportare il superamento di detto limite e quindi l’invalido/inabile, con il suo “reddito” non può comunque superare tale soglia, e questo perché il riferimento non è alla pensione di inabilità ma, alla sua maggiorazione!!!
In seguito, su molti siti online, dopo la lettura delle motivazioni, si è iniziato a parlare, finalmente, di quasi triplicazione dell’originario assegno di 286 €., forse dopo aver letto il comunicato del 20 luglio sempre della consulta nel merito[10],  comunicato post-sentenza.
In merito, invece, a un commento relativo alle motivazioni della  sentenza, a nostro avviso, crediamo che la Corte abbia avuto timore dell’incidenza economica della sua decisione sulle casse dello stato, seppur scrive TESTUALMENTE (punto 6 delle motivazioni)  che “La maggior spesa a carico dello Stato, che la presente pronuncia comporta, non si risolve – come in tesi dell’INPS – in «violazione dell’art. 81 della Costituzione», poiché, nella specie, vengono in gioco diritti incomprimibili della persona”, anche se il far decorrere il tutto solo dopo la pubblicazione è indice di un “timore” neppure troppo velato.
Poi però da una parte afferma  che “..non può, però, chiedersi a questa Corte anche una diretta e autonoma rideterminazione del correlativo importo, poiché un tale intervento manipolativo invaderebbe l’ambito della discrezionalità….riservata al legislatore”, ma dall’altra, avendo detto con fermezza e chiarezza l’insufficienza  della cifra di 286 € per gli scopi di legge, si è sentita in dovere di trovare il “rimedio concreto” –  visto che il legislatore, cui ha demandato la reale quantificazione,   solo ad aprile 2020, aveva ancora una volta respinto una proposta di aumento di pensione di invalidità - scrive e sancisce ”l’illegittimità costituzionale dell’art. 38, comma 4, della legge n. 448 del 2001, nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali, dispone che i benefici incrementativi di cui al comma 1 sono concessi «ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni» anziché «ai soggetti di età superiore a diciotto anni», quello che non si voleva dire direttamente lo si è detto con un sotterfugio, comprensibilissimo vista la situazione, ma pur sempre un sotterfugio!
Cosi facendo, però da una parte ha riconosciuto che i 286 € non erano sufficienti e dall’altra, per non esprimersi nel merito “economico”,  viene concessa la maggiorazione solo sino a quella soglia di 8.4469,63, cioè di 615,51 mese per tredici mesi, soglia che magari alcuni soggetti invalidi 100% i già superavano tra reddito proprio e pensione di inabilità, ed a loro NULLA spetterà.
In conclusione la nuova pensione di inabilità non è stata raddoppiata, come affermato all’uscita del Comunicato, né triplicata, come segnalato  dopo la lettura delle motivazioni, la pensione di inabilità ex art.12 della L.118/1971 era ed è rimasta di 286 €, con quei limiti di reddito,  mentre  gli invalidi totali 100%,  anche tra i 18 ed i 60 anni, possono pervenire alla cifra di 651,51 mensile, per tredici mesi, onnicomprensiva, cioè tra reddito proprio e la predetta maggiorazione, ma  non possono superarre gli 8.469,63 per averne diritto.
Rimaniamo in attesa della circolare esplicativa che dovrà fare l’INPS per comprendere appieno la platea dei possibili reali beneficiari.


[1] https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2020:152
[2]https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20200625100918.pdf
[5] https://www.trend-online.com/prp/pensioni-invalidita-civile-inps/
[6] https://www.affaritaliani.it/sport/pensioni-news/pensioni-piu-ricche-i-dettagli-su-aumenti-e-per-chi-pensioni-news-681449.html
[7] https://thewam.net/decreto-rilancio-pensioni-di-invalidita-aumento-in-arrivo/
[8] https://quifinanza.it/pensioni/pensioni-invalidita-aumento-assegni-corte-costituzionale-critiche/397317/
[10] https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20200720181458.pdf

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