Articoli Malattie Infettive - P&R Public
Anno 4, Trimestre 2
15.05.2014
POLYOMAVIRUS BK NEL TRAPIANTO DI RENI: UNA REVISIONE DELLA LETTERATURA
 
 
Forte V, Iacobacci G, Iera J, Di Leo N

Autori   [Indice]

Forte V1, Iacobacci G1, Iera J1, Di Leo N2

1 Dottore in Medicina e Chirurgia, “Sapienza” Università di Roma
2 Dipartimento di Radiologia, Sapienza Università di Roma, Italia 


Citation: Forte V, Iacobacci G, Iera J, Di Leo N. Polyomavirus BK nel trapianto di reni: una revisione della letteratura. Prevent Res, published on line 15 May 2014, P&R Public 69.
Available from: http://www.preventionandresearch.com/

doi: 10.7362/2240-2594.158.2014


Abstract   [Indice]

Introduzione: Polyomavirus BK (BKV), analogamente al virus JC (agente eziologico della Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva), appartiene ad una famiglia di virus a DNA privi di envelope la cui trasmissione avviene principalmente attraverso il tratto respiratorio. L'infezione primaria, diffusa in modo ubiquitario come dimostrato da una sieroprevalenza del 75% circa nella popolazione adulta, decorre generalmente senza manifestazioni cliniche o provocando una sindrome simil-influenzale. L'importanza di Polyomavirus BK risiede nella sua persistenza, in uno stato di quiescenza, a livello delle cellule dell'epitelio tubulare renale e dell'urotelio e nella sua capacità di andare incontro a riattivazione in caso di immunosoppressione. Una replicazione virale attiva è stata infatti riscontrata - mediante metodiche invasive e non - nei pazienti sottoposti a trapianto renale, nei quali è stata proposta una associazione tra BKV e alterazioni della funzione renale da nefropatia interstiziale (BKVN), tra BKV e stenosi ureterale e infine tra BKV e neoplasie.

Obiettivi: Determinare quali possono essere gli effetti patologici di una riattivazione del virus BK nel rene trapiantato.

Materiali e Metodi: Sono stati raccolti e valutati gli articoli presenti in letteratura dal 2003 ad oggi, ricercando in maniera particolare dati sulla nefropatia indotta dal BK virus e sulla correlazione esistente tra Polyomavirus e crescita tumorale.

Risultati: Numerosi studi hanno confermato l'esistenza di una correlazione tra BKV e alterazione della funzione nel rene trapiantato. Si è visto infatti che il virus è in grado di esercitare un effetto citopatico e infiammatorio a livello del parenchima renale, come dimostrato dall'esame citologico delle urine (che consente di individuare le caratteristiche "decoy cells"), dall'esame istologico (in grado di evidenziare una condizione di nefropatia interstiziale) e dalla PCR (che consente di individuare il genoma virale nel sangue e nelle urine e, nella sua variante RT-PCR, di quantificarlo).
Tali metodiche hanno inoltre consentito di stabilire una correlazione tra BKV e stenosi ureterale.
Il ruolo del Bk virus  nell'eziopatogenesi tumorale appare invece ancora controverso:il virus è dotato di un'oncogenicità intrinseca attraverso le proteine T-Ag e t-ag e il DNA virale è stato isolato in diversi tumori,specialmente nell'apparato urinario. Queste peculiarità non sembrano però sufficienti nel indurre una crescita tumorale. L'immunosoppressione gioca un ruolo fondamentale e l'utilizzo attuale in terapia di farmaci aggressivi come il tacrolimus e il micofenolato ha aumentato l'incidenza di tumori BK virus correlati. La disattivazione del sistema immunitario  risulta essere la base per la recrudescenza dell'infezione e per l'inizio della patologia neoplastica.

Conclusioni: Nei pazienti sottoposti a trapianto renale esiste una correlazione tra polyomavirus BK, nefropatia e stenosi ureterale. L'incidenza di tali complicanze è andata progressivamente aumentando con l'introduzione di nuovi e sempre più efficaci farmaci immunosoppressivi. Tuttavia ad oggi non è ancora chiaro se il principale fattore di rischio sia il tipo di farmaco utilizzato e/o il livello di immunosoppressione raggiunto. Appaiono quindi indispensabili ulteriori studi finalizzati a raggiungere un target terapeutico che consenta di ridurre il rischio di rigetto senza aumentare il rischio di riattivazione dell'infezione da BKV. Quanto alla patologia tumorale, essa si manifesta frequentemente nella riattivazione ma più per una carenza nei meccanismi di controllo della crescita cellulare a causa dell'immunosoppressione che per l'effettiva patogenicità del virus.
 
Parole chiave: bk polyomavirus, trapianto renale, nefropatia, tumor

Testo   [Indice]

INTRODUZIONE
 
Il Virus BK (BKV) appartiene al genere Polyomavirus, famiglia Papovaviridae, comprendente virus icosaedrici privi di envelope a DNA circolare a doppia elica con virioni di 45-55 nm. Insieme al Virus JC (JCV) e al virus SV40 fa parte delle dieci specie di Polyomavirus (su trentadue specie identificate ad oggi) in grado di infettare l'uomo. Si parla in questo caso di Human Polyomaviruses (HPyVs). Il Virus BK è stato isolato per la prima volta in un paziente Sudanese (le cui iniziali erano B.K.) sottoposto a trapianto renale ed in cui era presente stenosi ureterale. L'infezione è considerata ubiquitaria e viene contratta nella prima infanzia attraverso il tratto respiratorio. Si pensa inoltre che l’infezione possa essere contratta attraverso l’ingestione di cibo/acqua contaminati, in seguito a trapianti d'organo, trasfusioni di sangue o plasma, per trasmissione sessuale o per via placentare.
La sieroprevalenza è minima nei primi mesi di vita, mentre tende ad aumentare progressivamente negli anni. Numerosi studi dimostrano infatti che circa il 75% della popolazione adulta presenta immunoglobuline IgG dirette contro Polyomavirus BK (1).
In condizioni di immunocompetenza l'infezione primaria può essere asintomatica o manifestarsi con stato di malessere generale e/o tonsillite. Successivamente il virus persiste indefinitamente in uno stato di latenza nelle cellule dell'epitelio tubulare renale e nelle cellule uroteliali, nei linfociti B e in altri tessuti come encefalo, fegato, polmone, occhio. 
Deficit dell'immunità cellulo-mediata possono provocare una riattivazione della replicazione virale, in particolare a livello renale. Si è visto infatti che nei pazienti sottoposti a dosi significative di farmaci immunosoppressivi, come i pazienti trapiantati, esiste una correlazione tra BKV e alterazioni patologiche delle vie urinarie. Sono state identificate quattro principali entità cliniche, di cui una associata a trapianto di midollo osseo (cistite emorragica) e tre a trapianto renale (nefropatia da BKV, stenosi ureterale e neoplasie uroteliali) (2).
 
MANIFESTAZIONI CLINICHE

1- Cistite Emorragica
Più frequentemente associata a trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Il quadro clinico è variabile: dalla microematuria/disuria all'insufficienza renale post-renale da ostruzione dovuta a coaguli ematici (2).

2- Nefropatia da BKV
Epidemiologia e patogenesi
La nefropatia da BKV (BKVN) si sviluppa in una percentuale di pazienti sottoposti a trapianto renale che va dall'1% al 10%, generalmente nel primo anno di follow-up, ed è correlata all'effetto citopatico del virus sulle cellule dell'epitelio tubulare renale con conseguente tubulopatia interstiziale (3). Il danno alle cellule tubulari renali comporta infatti lo stravaso di liquido tubulare nell'interstizio. Ne deriva reazione infiammatoria con fibrosi ed atrofia del parenchima renale. Si parla pertanto di “pattern citopatico e infiammatorio del virus”: all’ attività citopatica si associa una risposta flogistica di grado variabile (con infiltrato infiammatorio comprendente diverse cellule: neutrofili, macrofagi, monociti, linfociti, plasmacellule - Figura 1) che contribuisce indubbiamente ad esacerbare il danno tessutale (4).
Da un punto di vista clinico i pazienti in terapia con farmaci immunosoppressori non presentano i segni classici di infezione per cui si assiste ad una progressiva riduzione della funzione renale e ad un corrispondente aumento di azotemia e creatinina. In altre parole, si assiste alla perdita funzionale del rene trapiantato.
Il primo caso di BKVN su rene trapiantato è stato identificato nel 1978. Da allora il numero dei casi è aumentato in misura tale da rendere la nefropatia da polyomavirus BK la complicanza infettiva più frequente nei pazienti sottoposti a trapianto renale (5).
Tale significativo aumento dell'incidenza di BKVN è riconducibile all'utilizzo di nuovi e sempre più efficaci farmaci immunosoppressori che da una parte hanno ridotto l'incidenza delle reazioni da rigetto, dall'altra hanno determinato un'aumento delle infezioni, opportunistiche e non, nei pazienti trapiantati.
Alcuni studi hanno correlato lo sviluppo di nefropatia da BKV a specifici farmaci immunosoppressori: tacrolimus (inibitore della calcineurina), micofenolato mofetile (inibitore della inosina monofosfato deidrogenasi), anticorpi anti linfociti T; corticosteroidi (6-8). Altri autori invece sostengono che il principale fattore di rischio nello sviluppo di BKVN più che il tipo di farmaco impiegato sia il livello di immunosoppressione raggiunto (9,10). Tuttavia ad oggi non è ancora chiaro se la comparsa di BKVN sia legata principalmente ad una variazione qualitativa e/o quantitativa della risposta immunitaria.
Considerata la stretta correlazione tra BKVN e trapianto renale si è pensato inoltre che fattori correlati al trapianto, come durata di ischemia fredda e tipo di donatore (vivente/non vivente), potessero predisporre allo sviluppo di Nefropatia Interstiziale. Tuttavia la comparsa di BKVN anche in pazienti sottoposti ad altri tipi di trapianto (polmone, cuore, midollo osseo) sembra sottolineare il ruolo patogenetico della terapia immunosoppressiva a discapito del tipo di trapianto (11).
 
Diagnosi
La diagnosi di Nefropatia da BK virus prevede due categorie di metodiche:
1- Metodiche invasive, come la biopsia renale (eco/TC mediata) che consente l'identificazione del virus mediante Immunoistochimica (grazie all'impiego di anticorpi monoclonali diretti contro la proteina «large T antigen») e la valutazione istologica delle lesioni tubulo-interstiziali indotte dal BKV.
2- Metodiche non invasive, come la sierologia (oggi scarsamente utilizzata per la bassa sensibilità), la citologia urinaria e la RT-PCR (Real Time Polyerase Chain Reaction).
La citologia urinaria consente di identificare le caratteristiche «decoy cells» (Figura 2), cellule differenziabili dalle cellule tubulari renali per un aumento del rapporto nucleo/citoplasma e per la presenza di inclusioni nucleari basofile, identificate alla microscopia elettronica come virioni (4).
Quanto alla RT-PCR, tale metodica consente di individuare e quantificare il DNA virale sia nel sangue (viremia) che nelle urine (viruria). A differenza della citologia urinaria consente inoltre di distinguere tra infezione da BK virus ed infezione da JC virus, che a sua volta può determinare la comparsa di «decoy cells» (12-15).

Trattamento
Ad oggi non esiste una terapia antivirale codificata per il trattamento dell'infezione da BK virus. Ne deriva la necessità di ottimizzare la terapia immunosoppressiva al fine di ridurre il rigetto degli organi trapiantati senza aumentare il rischio di sviluppare un'infezione attiva da BK virus (16).

Identificazione dei pazienti a rischio
Al fine di identificare i pazienti a rischio di sviluppare nefropatia da BK diversi autori hanno proposto uno screening urinario a 60, 90, 135, 180, 270 e 360 giorni dal trapianto durante il primo anno, ogni 4 mesi durante il secondo, ed ogni anno fino al quinto anno post-trapianto. A cinque anni dall'intervento il rischio di sviluppare BKVN si riduce considerevolmente, consentendo di interrompere lo screening citologico.
Quanto al ruolo della PCR nello screening sierico, si è visto che la quantità sierica di DNA correla significativamente con l'entità del danno renale (sensibilità 100%; valore predittivo positivo 70%). Pertanto, una valutazione ottimale del decorso della nefropatia da BKV dovrebbe comprendere l'utilizzo di tale metodica ogni 2/4 settimane fino a negativizzazione dei campioni, con almeno tre test negativi consecutivi (17).

3- Stenosi ureterale
BKV è in grado di infettare e di esercitare quindi il suo effetto citopatico oltre che a livello delle cellule tubulari renali anche a livello dell'epitelio di transizione. Ne deriva reazione infiammatoria con conseguente fibrosi che a livello ureterale può comportare una vera e propria stenosi. Si tratta di una complicanza insidiosa, per la cui risoluzione si rende necessario un approccio di tipo chirurgico, come la nefrostomia percutanea in associazione ad una riduzione del dosaggio dei farmaci immunosoppressori (2).

4- Neoplasie
E' noto da tempo che il Virus BK così come altri virus appartenenti alla categoria dei Polyomavirus (JC, Sv40) è in grado di indurre proliferazione tumorale nelle coltivazioni cellulari e nei modelli animali;questa azione è  scatenata da due proteine codificate dal DNA virale, denominate large-T e small-t ( T-Ag e t-Ag )che si legano alle proteine p53 e RB, impedendo così che svolgano la loro azione di controllo a livello del ciclo cellulare (18).  Nell'uomo questa associazione è ritenuta controversa per entità e qualità (19-21) e le evidenze scientifiche più recenti danno un quadro nebuloso.
Dalla letteratura scientifica emerge come cruciale l'associazione fra tre elementi: utilizzo in terapia di immunosoppressori particolarmente efficienti come il tacrolimus e il micofenolato, la riattivazione del virus BK che determina una nefropatia interstiziale e lo sviluppo di un carcinoma connesso ai due precedenti elementi. Resta da valutare in che misura i primi due fattori contribuiscono alla genesi del terzo. L'immunosoppressione agisce spegnendo la funzionalità dei linfociti T e B  e ciò determina due effetti: da una parte aumenta la possibilità di sviluppo tumorale in valore assoluto e dall'altra consente la riattivazione e la proliferazione virale del polyomavirus. La recrudescenza del BK virus ha anch'essa un doppio ruolo: da un lato un'azione citopatica e infiammatoria, dall'altro il danneggiamento del ciclo cellulare portato avanti dalle proteine T-Ag e t-ag (22).
A livello eziopatogenetico si nota  come tutti questi fattori siano connessi e stabilire un criterio di importanza è quantomeno arduo. Primum movens della tumorigenesi sembra essere però l'immunosoppressione, come mostrato in un case report proposto da Valerie Neirynck e coll. (23).Una paziente sviluppa un carcinoma nel rene trapiantato e all'atto della diagnosi vengono trovate metastasi a linfonodi locoregionali e a livello polmonare. La paziente viene sottoposta a nefrectomia, sospensione della terapia immunosoppressiva e controllo nel tempo: due anni dopo tutte le metastasi individuate alla TC sono scomparse e la paziente è ritornata in dialisi con nessuna evidenza della malattia mostrata precedentemente. Si tratta sicuramente di un caso eclatante ma che offre delle certezze su quando l'immunosoppressione sia un cardine nell'insorgenza dei tumori e in questo caso nella loro risoluzione spontanea, a prescindere dal ruolo del virus.
Il sinergismo tra nefropatia virus correlata e l'insorgenza di tumori  è stato analizzato dallo studio di C-H Chen e coll. (22). Su 6 pazienti che hanno avuto diagnosi di nefropatia correlata a virus BK e JC (stessa famiglia virale, 75% dei geni in comune), 1 ha sviluppato un carcinoma renale, 2 hanno sviluppato carcinomi a cellule di transizione, 1 ha sviluppato un sarcoma di Kaposi e 1 ha sviluppato un carcinoma squamoso della pelle: in totale 5 pazienti su 6 (83%)  hanno sviluppato un tumore a distanza di 1,6 -6,9 anni dal trapianto renale. Dato che viene molto ridimensionato nella sua efficacia se si considera che il campione dello studio era costituito da 990 pazienti sottoposti a trapianti renale nell'arco di 25 anni. Escludendo i precedenti sei, molti pazienti hanno comunque sviluppato in una percentuale non trascurabile delle patologie tumorali (53 pazienti tumore a cellule di transizione; 29 pazienti epatocarcinoma; 6 pazienti tumori della pelle; 6 pazienti tumori del rene). L'associazione dunque della nefropatia con l'insorgenza tumorale è alta ma obiettivamente l'esiguità del campione non consente di trarre conclusioni certe. Un dato incontrovertibile è l'azione pleiotropica del virus che si associa a diversi tipi di tumore: nello specifico il carcinoma renale e quello uroteliale risultano connessi a questo virus (20,24,25) e ciò indica come sia il parenchima renale che l'urotelio siano siti privilegiati per l'infezione primaria di BK virus.
Caso possibile è anche la presenza contemporanea di due Polyomavirus (SV40 e BK virus) che colpiscono lo stesso paziente. Narayanana M e coll. (26) hanno valutato un paziente nel quale sia il tumore renale che le metastasi presentavano tracce di BK e Sv40 virus; elementi ricercati attraverso diverse tecniche e validate dalla PCR con primer specifici virali.
In questo contesto valutare il paziente in maniera approfondita è un obiettivo fondamentale. Esami di screening semplici e approfonditi come la citologia urinaria (27) e la presenza di microematuria (28) forniscono informazioni importanti sullo stato del rene trapiantato, assieme  alla valutazione del valore della creatinina per la funzionalità dell'organo. Restano peculiari tuttavia le possibilità offerte dalla diagnostica per immagini: l'ecografia rappresenta lo step obbligato nel controllo sia post-operatorio sia seriato nel tempo in quanto consente di valutare diverse problematiche, dalla reazione di rigetto fino alla insorgenza di neoplasie. Quest'ultimo aspetto è importante vista la necessità di effettuare biopsie renale prima dell'eventuale nefrectomia e l'ecografia è un ottimo strumento per guidare la procedura. Sempre nel campo oncologico si inserisce la TC che offre la panoramicità necessaria per un'eventuale stadiazione, con la variante PET-TC che aggiunge una connotazione metabolica all'esame tramite l'impiego di 18F-fluorodesossiglucosio. La risonanza magnetica arricchisce ulteriormente le possibilità offerte dalla TC andando a caratterizzare le lesioni solide per le quali la TC non abbia ottenuto risultati dirimenti, identificando eventuali contenuti emorragici in formazioni cistiche e soprattutto è in grado di riconoscere le complicanze post-operatorie e la presenza di un'eventuale disfunzione precoce nel rene trapiantato.
 
CONCLUSIONI
Polyomavirus BK si è imposto negli ultimi anni all'attenzione della comunità scientifica per il suo carattere di ubiquitarietà e per la capacità di andare incontro a riattivazione e quindi a replicazione virale in condizioni di immunosoppressione, in particolare nei pazienti sottoposti a trapianto renale. In questa categoria di pazienti, numerosi studi hanno confermato la correlazione tra BKV e nefropatia interstiziale/stenosi ureterale, sottolineando l'importanza di eseguire uno screening citologico nei pazienti trapiantati e di ottimizzare la terapia immunosoppressiva, anche se ad oggi non esiste un approccio standardizzato.
Quanto alla correlazione tra BKV e neoplasie del rene e delle vie urinarie vi sono diverse evidenze che mostrano come il virus abbia un ruolo nella patogenesi del tumore e aumenti il rischio di ammalarsi di carcinoma renale e uroteliale a diverso anni di distanza dal trapianto. Il ruolo attivo del virus tuttavia passa in secondo piano rispetto all'immunosoppressione farmaco-indotta nel paziente: questo aspetto risulta ancor oggi essere il vero cardine della tumorigenesi e il virus, pur dotato di attività infiammatoria marcata e di proteine specifiche che alterano il ciclo cellulare, mantiene un ruolo secondario nelle varie tappe dello sviluppo di una malattia oncologica.

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Autore di riferimento   [Indice]

Jessica Iera
Dottore in Medicina e Chirurgia, “Sapienza” Università di Roma
e-mail: info@preventionandresearch.com

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