Maternità e lavoro


Secondo recenti studi, una donna che allatta sul posto di lavoro non rappresenta un ostacolo alla produttività e consente all’azienda di mantenere il proprio personale qualificato. Tra l’altro, dotare l’azienda di infrastrutture necessarie che permettano l’allattamento alle lavoratrici madri richiede un costo limitato.
Di contro i vantaggi economici sono molto rilevanti, fra essi si possono annoverare una riduzione del 35% dei rimborsi per cure mediche; il ritorno anticipato al lavoro del 33% delle mamme; una riduzione del tasso di assenteismo del 27%.
In alcune nazioni peraltro, i costi del riposo per allattamento sono coperti dall’assicurazione sociale e da fondi pubblici e non gravano sul datore di lavoro.
Il 65% dei Paesi ha una legislazione che consente alle mamme di avere riposi per l’allattamento retribuiti o una riduzione dell’orario giornaliero. Talvolta però si tratta di normative insufficienti che non sostengono le donne in tutto il periodo dell’allattamento, nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità raccomandi 6 mesi di allattamento materno esclusivo.
L’Ilo, Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite, è intervenuta nel 2000 con la Convenzione 183 sulla protezione della maternità con le seguenti direttive:
·         il congedo maternità di almeno 14 settimane retribuito al 66% del salario a carico dell’ assicurazione sociale obbligatoria e dei fondi pubblici;
·         cure mediche prenatali, durante il parto e postnatali per la mamma e per il bambino e sostegno finanziario alle donne che non hanno accesso all’assicurazione sociale;
·         protezione, per le lavoratrici incinte o che allattano, dalle attività lavorative che possono danneggiare la loro salute o quella del bambino;
·         diritto di tornare alla stessa posizione lavorativa con la medesima retribuzione;
·        diritto a una o più pause giornaliere o ad una riduzione dell’orario di lavoro per garantire l’allattamento materno.
 

Fonte: www.ilo.org

Simone De Sio

Giovanni Rinaldi