Articoli Oncologia - P&R Public
Anno 3, Trimestre 4
28.10.2013
Evidenze per una terapia oncologica integrata
 
 
La Cagnina B

Autori   [Indice]

La Cagnina B 1

1 Medico Chirurgo, ARTOI - Associazione di Ricerca per le Terapie Oncologiche Integrate;
AIOT – Accademia Italiana di Omotossicologia, Italia



Citation: La Cagnina B. Evidences for an integrated oncologycal therapy.
Prevent Res, published on line 28 Oct. 2013, P&R Public. 58. Available from: 
http://www.preventionandresearch.com/.doi:10.7362/2240-2594.139.2013


doi:10.7362/2240-2594.139.2013


Parole chiave: Qualità di vita, terapia integrata, antiossidanti, terapie non convenzionali  terapie oncologiche citotossiche, cancro

Abstract   [Indice]

Il prolungamento della durata della vita media, gli stili di vita poco sani, un ambiente carico di inquinanti, un’alimentazione poco attenta alla qualità, il diffondersi della diagnosi precoce sono tra le principali cause dell’aumento assoluto dell’incidenza dei casi di cancro con cui la classe medica e la società si devono confrontare.
La diagnosi di cancro spaventa oggi come in passato il paziente, che si trova all’improvviso in un mondo dove la estrema tecnicizzazione dell’approccio medico e la frequente spersonalizzazione di cui è fatto oggetto, insieme ai profondi disagi fisici e psicologici, comuni nelle terapie convenzionali,  lo portano a ricercare aiuto nel variegato mondo delle discipline non convenzionali.
Infatti insieme alla consapevolezza dei limiti  dell’approccio basato esclusivamente sulla aggressione del cancro con le terapie citotossiche, viene percepita una scarsa attenzione alle sue esigenze globali: l’obiettivo è spesso solo la cancellazione della malattia dal corpo del malato, ma è stata a lungo trascurata la necessità di avere una vita qualitativamente migliore.
Per questo motivo è frequente la ricerca di una visione olistica del malato e della malattia di cui è portatore, e l’affidamento alle più svariate forme di Medicina non convenzionale, incluse purtroppo metodiche che non hanno un adeguato supporto scientifico. La comprensibile paura del malato di fronte alla diagnosi di cancro lo porta a cercare, su internet e tra i conoscenti, tutte le forme di terapia possibile, ma la non competenza e la mancanza di un controllo serio della veridicità della informazioni, lo espone a seri rischi.
La scarsa conoscenza delle terapie di supporto da parte del mondo oncologico ufficiale, almeno in Italia, e la diffidenza  degli oncologi, fa in modo che il malato molto frequentemente non comunichi ai medici che sta utilizzando metodiche CAM.
Il risultato è che spesso si sottopone a terapie inutili, o peggio che possono diminuire l’efficacia d i trattamenti chemioterapici, essenzialmente per meccanismi di induzione enzimatica e aumentata inattivazione del chemioterapico.
Al tempo stesso si sottrae a terapie CAM studiate e che hanno dato indicazioni sperimentali e cliniche positive: non mancano le pubblicazioni ed i lavori ben fatti, che aumentano numericamente sempre più, a riconoscimento della bontà di questi approcci, e della volontà di arrivare ad un trattamento sempre più individualizzato e meno tossico per il paziente. Non mancano poi casi in cui il malato si affida esclusivamente alla CAM, e se questo può essere comprensibile, ed è anche garantito dalla legge, nel caso di una libera scelta, non è accettabile quando il malato decide sulla base di informazioni scientificamente non dimostrate.
Questo accade di frequente, a causa della mancanza di chiare normative di riferimento e soprattutto di un confronto pubblico e privo di pregiudizi, effettuato da medici competenti, che possa dare al paziente delle informazioni corrette e consentirgli una libera scelta” informata”.
Per contribuire ad una selezione di metodiche affidabili vengono quindi esaminate alcune pubblicazioni scientifiche peer reviewed, e mostrato come alcuni supporti possono essere usati in tutta sicurezza nel migliorare lo stato di salute del malato di cancro in chemio/radioterapia.

Introduzione   [Indice]

Molti pazienti in terapia oncologica ricercano attivamente trattamenti di supporto, e spesso
lo fanno nell’ambito della medicina non convenzionale. Questo accade perché la grande tecnicizzazione e la spersonalizzazione del rapporto medico-paziente della medicina convenzionale viene contrapposto all’atteggiamento empatico ed inclusivo, tipico dell’approccio della medicina non convenzionale, ed alla presunta innocuità dei rimedi da essa proposti. Ma anche a causa della carenza di informazione corretta, e all’atteggiamento di esclusione operato nei confronti delle medicine non convenzionali da parte del mondo medico
“ufficiale”, i malati rischiano di imbattersi in operatori non qualificati, che propongono
trattamenti privi di supporto scientifico, o che si sono dimostrati clinicamente inefficaci.
Inoltre i pazienti frequentemente non informano gli oncologi dei trattamenti cui si
sottopongono, esponendosi a gravi rischi di interazioni negative con i farmaci utilizzati in
terapia antitumorale.

Obiettivi   [Indice]

Obiettivo del presente lavoro è quello di mostrare il rationale scientifico per un'applicazione sistematica, in accordo con i principi della medicina basata sulle prove (EBM), delle evidenze emerse nel campo della terapia oncologica integrata.

Materiali e metodi   [Indice]

Numerosi tentativi sono stati fatti per offrire ai pazienti in terapia oncologica dei trattamenti
di supporto di cui necessitano, sia sul piano fisico che psicologico, ma solo per alcuni di essi è disponibile una documentazione scientifica.
Sono state quindi esaminate criticamente diverse procedure e metodi, e mentre alcune non
hanno mostrato efficacia clinica, o poggiano su presupposti non accettabili, sono anche state
documentate, nella letteratura scientifica, metodologie che hanno ricevuto conferme molto
positive anche dalla clinica. Degli articoli consultati ne sono stati selezionati alcuni a titolo esemplificativo di quanto proposto.
Alcuni pazienti sono stati inoltre supportati secondo le indicazioni emerse, i dati clinici sono
al momento in fase di sistemazione, e saranno oggetto di una successiva pubblicazione.

Discussione   [Indice]

Nel 1961 il presidente americano Nixon dichiarò la “guerra al cancro”, e da allora cifre
enormi sono state investite per migliorare le nostre capacità terapeutiche, e di diagnosi
precoce. Il focus era tutto sulla malattia da annientare, ed è purtroppo rimasto limitato a questo per un lungo periodo.
Solo in un secondo momento, dopo alcuni decenni, si è iniziata una ricerca attiva sulle
strategie di prevenzione di questa malattia, dato che l’aumento progressivo del numero di
casi di malati di tumore imponeva una maggior ricerca in questo campo.
A distanza di tempo si ha un ulteriore evoluzione del paradigma, favorito dalla diffusione
delle CAM e delle tecnologie di comunicazione, che rendono il sapere più accessibile, e
l’informazione reperibile ad ognuno di noi senza la mediazione dell’esperto.
Questo porta alla diffusione della conoscenza, e dell’utilizzo, delle CAM, che oggi vengono
seguite da almeno il 15% della popolazione, ma che fanno breccia in proporzioni ancora
maggiori  nella gestione della malattia oncologica per vari motivi.
Oggi si stima che almeno il 45% dei malati, fino all’85% di essi utilizzi una o più metodiche
CAM (1).
E’ infatti sorta la consapevolezza della insufficienza di un approccio basato esclusivamente
sulla aggressione del cancro con le terapie citotossiche, che hanno purtroppo portato ad una
spersonalizzazione del paziente e ad una scarsa attenzione alle sue esigenze globali:
l’obiettivo è stato solo la cancellazione della malattia dal corpo del malato, ma è stata a
lungo trascurata per anni la necessità di avere una vita qualitativamente migliore.
Anche In Italia è nata da tempo, anzitutto nei malati, la consapevolezza  che una risposta
globalmente più rispettosa del paziente si impone, e con essa è necessaria la cancellazione
degli steccati, spesso solo ideologici, che hanno ostacolato e spesso  impedito una terapia
che affianchi gli approcci tradizionali di chirurgia, chemio e radioterapia.
Nascono quindi diverse società mediche dove operatori qualificati ricercano e sperimentano
nuove modalità di intervento, ma purtroppo nella confusione legislativa e nel vuoto di regole
certe, anche figure e metodi non efficaci, o francamente pericolosi, trovano ampia diffusione.
Tra queste citiamo ad esempio:
• SOI- Società Oncologia Integrata U.S.A;
• A.C.Society; MSKCC; Dana-Faber C.C; Rochester Univ;
• ASOI- Società Oncologia Integrata Argentina;
• MECC- Consorzio che raggruppa Cipro-Egitto-Israele-Turchia -Giordania-Autorità Palestina;
• ISIM- Società Internazionale di Medicina Integrata Giapponese;
• CAMbrella – Progetto Europeo per centri di ricerca in CAM;
• ARTOI –Associazione ricerca Terapia Oncologici NTEGRATA – Italia.
Inoltre  in parecchi reparti di strutture ospedaliere, oltre che in centri ed istituti privati, nascono dipartimenti legati alla integrazione di quanto hanno da offrire le metodologie della medicina non convenzionale, ed inizia uno studio sistematico di quanto da loro proposto, ed in alcuni casi si ha una produzione scientifica di ottima qualità.
Si sono quindi selezionati alcuni articoli, per una valutazione aggiornata di quanto proposto e dimostrato, che ha evidenziato tanto metodi da disapprovare nella pratica clinica, quanto da incoraggiare sia per ulteriori ricerche che come utilizzo clinico, in quanto utile ad aiutare il paziente oncologico.
Ad esempio Jirillo e Falci esaminano diverse metodologie di supporto, ed evidenziano risultati positivi esclusivamente con l’utilizzo della terapia Gerson/Gonzalez, e con l’utilizzo della cartilagine di squalo, segnalando i risultati negativi ottenuti dalla c.d. Terapia Di Bella, oggetto di una sperimentazione su pazienti effettuata in Italia, sull’onda di una massiccia campagna di stampa, e seguita da numerose polemiche sulla esecuzione non corretta della stessa (2).
Ma  numerose altre ricerche inducono a pensare che l’utilizzo di molti integratori, vitamine, fitoterapici abbia un impatto positivo nel decorso della malattia, aumentando decisamente il livello della qualità di vita del paziente, migliorando le risposte alle terapie tradizionali, e fanno intravedere anche un aumento della mediana di sopravvivenza.
Una delle obiezioni fatte all’utilizzo degli antiossidanti nel corso di terapie antineoplastiche è quella che, dato che il meccanismo d’azione di molti chemioterapici e della radioterapia prevede la produzione di elevate quantità di ROS nei tessuti tumorali e nelle loro vicinanze, una supplementazione con antiossidanti avrebbe potuto nuocere alle terapie stesse.
L’altra posizione sostenuta nel dibattito invece mette l’accento sulla azione positiva sul
paziente mediata dalla protezione nei tessuti privi di malattia, e sul fatto che le
condizioni di relativa ipossia dei tessuti cancerosi fosse alla base della scarsa sensibilità
agli agenti ossidanti, piuttosto che la presenza di scavengers dei radicali liberi dell’ossigeno.
Una revisione di pubblicazioni scientifiche effettuate nell’arco di 10 anni, dal 1996 al 2007, viene fatta una severa selezione che riduce da 965 a solo 33 gli articoli considerati, che valutano comunque una coorte di oltre 2400 pazienti.
Ben 24 dei 33 studi mostravano un evidente diminuzione della tossicità delle chemioterapie,
9 non mostravano particolari differenze, 2 suggerivano un peggioramento delle condizioni
del paziente (3).
E’ rilevante anche che gli studi selezionati prendessero in considerazione un solo antiossidante alla volta, e quindi  non viene presa in considerazione la sinergia che  molti di
questi prodotti presentano quando utilizzati in combinazione.
Uno studio contro placebo che indaga l’utilizzo contemporaneo di antiossidanti ed EPA/DHA
contemporaneamente mostra ad esempio una grande miglioramento delle condizioni del
paziente, con riduzione dal 50% al 70% della nausea e della fatigue percepita (4), grazie all’effetto di preservazione delle membrane cellulari e mitocondriali, ed al miglior funzionamento della catena respiratoria e del ciclo di Krebs, da cui dipende la produzione di ATP cellulare.
Un altro studio che mostra le potenzialità della combinazione di antiossidanti e nutraceutici,
effettuato su animali sottoposti a irradiazione total body, nutriti con un mix di L- selenomethionina, vitamina C, vitamina E, acido alfa-lipoico ed N-acetyl cysteina (precursore del glutatione) prima di essere esposti a massicce dosi di raggi X.
La supplementazione è stata quindi mantenuta anche nei giorni successivi, per valutarne
l’efficacia nel recupero dei danni da irradiazione.
Si è notata una netta riduzione della linfopenia ed anche un più rapido recupero, rispetto agli
animali di controllo, suggerendo che analoghi risultati possano essere ottenuti nell’uomo (5).
Un ulteriore sperimentazione mostra che ritardare di 24 ore la somministrazione del mix di
antiossidanti in precedenza citato, rispetto alla esposizione ai raggi X, fornisce risultati
ancora migliori (6). Anche in questo caso la personale esperienza clinica conferma quanto dimostrato sperimentalmente.
L’introduzione di omega 3 nella dieta e con supplementazioni mediante capsule molli di olio
di pesce, tramite la inibizione della COX2 e della lipossigenasi, migliora decisamente la risposta alla radioterapia ed anche a comuni antinoplastici utilizzati (7, 8), oltre a ridurre la perdita di massa magra e ritardare la cachessia (9).
La Melatonina, utilizzata anche nel Metodo c.d. “Di Bella”, ha mostrato buone capacità
protettive quando utilizzata insieme alla doxorubicina (10), con miglioramento della reazione del paziente e diminuzione della tossicità complessiva (11).
Tra i nutraceutici sperimentati  per intervenire nel ripristino dei corretti segnali di trasduzione cellulare, ne sono stati indagati alcuni che hanno mostrato capacità di intervento sui meccanismi che regolano l’apoptosi, la moltiplicazione cellulare, che nel cancro tende ad essere infinita, e sulla capacità di invasione dei tessuti circostanti e di metastatizzazione a distanza.
Queste proprietà tipiche delle cellule cancerose coinvolgono con certezza:
·       Il complesso proteico noto come  NFkB, che risulta essere cronicamente attivata.
E’ tra le responsabile della mancata apoptosi, della chemio resistenza acquisita, nella
produzione di enzimi proteolitici che favoriscono la crescita locale, nella neoangiogenesi.
·       La ciclo-ossigenasi 2 (COX2)
Aumenta la produzione di prostanoidi localmente, con insorgenza di dolore e flogosi
continua, fattori di crescita locali, neoangiogenesi,azione immunosoppressiva locale.
Da notare che sia la NFkB che la COX2 hanno diretta influenza sulla neoangiogenesi,
necessaria per la crescita e la diffusione a distanza del tumore primitivo.
·       La EGF-R
L’Epidermal growth cancer factor, quando sovra espresso, determina una maggior diffusione
locale dei tumori che lo producono, sia tramite l’inibizione dell’apoptosi che attraverso una
rapida crescita locale.
·       La VEGF
Il Vascular endothelial growth factor determina la produzione di nuovi vasi sanguigni,
necessari per vascolarizzare il tumore e favorirne la crescita.
Sono stati quindi esaminati nutraceutici che sia in colture cellulari che su animale e su paziente hanno dato buoni risultati nella down regulation di questi pathways, che risultati
spesso iperattivati nelle cellule cancerose (12).
La Silimarina, tramite I flavolignani contenuti nell’estratto di cardo mariano, utilizzati storicamente nella epatoprotezione, ha infatti mostrato capacità di ridurre la crescita di linee
tumorali del cancro al seno, prostata, cervice, colon, fegato, polmone (13).Il tutto con dosaggi elevati ma raggiungibili clinicamente, e senza effetti collaterali degni di nota, utilizzata in combinazione con i comuni chemioterapici (14). Anche nella insorgenza delle dermatiti che seguono la radioterapia si sono ottenuti buoni risultati clinici, con netta diminuzione della insorgenza e della gravità delle lesioni (15).
La Curcumina ed i curcuminoidi sono stati molto studiati ed utilizzati, con risultati molto incoraggianti, a posologie variabili tra i 1000 e i 2000 mg/die, assunti per os, in varie forme neoplastiche, anche in associazione alle chemioterapie convenzionali (16), e ne è da tempo conosciuta la farmacocinetica (17).
Anche questa sostanza ha ampiamente mostrato effetti molto positivi, intervenendo
nella regolazione dei meccanismi di trasduzione cellulare.
La curcumina ha rallentato la crescita, promosso la morte cellulare per apoptosi, e una maggiore capacità di risposta ai farmaci chemioterapici in una vasta gamma di linee cellulari tumorali. Mostra azione sinergica con chemioterapici (18), ed interessanti
possibilità insieme agli isoflavoni della soia nel trattamento di tumori ormonosensibili
(19). Trova anche applicazione in numerose altre situazioni patologiche.
Il tè verde, con il suo contenuto in Epigallocatechina (EGCG), trova largo impiego come alimento nella Cina rurale e nelle regioni del continente Indiano, ed il consumo di elevate
quantità di tè verde è spesso messo in relazione con la bassa incidenza del tumore al seno
tipica di queste regioni.
L’EGCG inibisce l’urochinasi, enzima proteolitico utilizzato per diffondersi nei tessuti, e che
facilita l’insorgenza di metastasi, inibisce la neoangiogenesi, inibisce la perossidazione dei
lipidi e delle lipoproteine a bassa densità.
Induce la sintesi di enzimi epatici disintossicanti (citocromo P34) riducendo gli effetti tossici
di molti chemioterapici.
Ha mostrato capacità di indurre apoptosi (20), e di bloccare la mitosi cellulare nella fase G0-G1, grazie  all’ aumento dose-dipendente  l’espressione della caspasi e della proteina p53, ed alla contemporanea down regulation del complesso proteico NfKb (21).
Un esempio è evidenziato nella sperimentazione del the verde con cisplatino nel trattamento del carcinoma ovarico, in vitro (22) .
Utilizzato clinicamente in aggiunta ai comuni antineoplastici è stato sempre ben tollerato dai
pazienti, la posologia utilizzata raggiunge i 2 gr di estratto secco titolato al 95% in polifenoli.
Il Coenzima Q10 trova un largo campo di applicazioni nella medicina.
Fisiologicamente sintetizzato nelle nostre cellule, agisce nella catena di produzione energetica nelle cellule mitocondriali, essendo un trasportatore di idrogeno.
Il cuore ha la più alta concentrazione di coenzima Q10, e il suo impiego in terapia medica
avviene soprattutto nelle malattie cardiovascolari.
Il suo utilizzo clinico, con posologia che varia tra i 100 e i 200 mg/die ha mostrato la capacità
di ridurre la cardiotossicità di molti chemioterapici, e di ridurre decisamente la fatigue da
alterazione della catena respiratoria mitocondriale (23).
Non ha mai mostrato tossicità anche per utilizzo prolungato nel tempo.

Conclusioni   [Indice]

Un' analisi delle letteratura scientifica ha dimostrato che affiancare alle comuni metodiche di chemio e radioterapia, trattamenti di medicina integrata, anche se al momento non risultano essere noti protocolli standard, è supportato da evidenze scientifiche.
L’utilizzo clinico sull’uomo conferma queste osservazioni, la ricerca necessita di ulteriori sforzi
dato l’impatto sociale del cancro, e la scarsa diffusione della conoscenza di terapie di supporto.

Bibliografia   [Indice]

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Autore di riferimento   [Indice]

Bartolomeo La Cagnina
Medico Chirurgo, ARTOI - Associazione di Ricerca per le Terapie Oncologiche Integrate;
AIOT – Accademia Italiana di Omotossicologia, Italy
e-mail: info@preventionandresearch.com

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